"Grazie al volontariato si promuove, secondo i principi della Costituzione repubblicana, una cittadinanza responsabile e si realizza una forma di partecipazione al bene comune. Anche per questa via può colmarsi il divario tra società civile e politica, recuperando (…) il significato più alto della politica". (Giorgio Napolitano – Presidente della Repubblica).

 

Introduzione

Dal 1991 i rapporti tra lo Stato e il mondo del volontariato sono regolati dalla legge 266/91 secondo cui “la Repubblica italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell’attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo”. Nella definizione della legge “per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà”. All’interno di tale definizione si muove più di un milione di persone che si occupano delle questioni più diverse e attraverso modi, pratiche e tempi che ognuno individua al fine di offrire il proprio contributo. L’attività di volontariato può essere saltuaria, episodica o quotidiana, può essere svolta in organizzazioni molto grandi o all’interno di gruppi informali, può trattare di più o meno qualsiasi questione sociale, ambientale o ricreativa.

 

I numeri del volontariato in Italia

Nel 2005 l’Istat ha pubblicato la quinta rilevazione sulle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali e provinciali riferita al 2003. Rispetto alla rilevazione precedente, riferita al 2001, l’incremento è stato del 14,9%, mentre rispetto alla prima rilevazione, riferita al 1995, esse sono aumentate del 152,0%, passando da 8.343 a 21.021 unità. Il notevole incremento dal 1995 si deve sia alla costituzione di nuove unità (8.530), che all’iscrizione nei registri di organizzazioni preesistenti (4.148). Nel 2003, per ogni organizzazione che ha cessato la sua attività se ne sono iscritte più di 10. Esse impiegano circa 12 mila dipendenti e 826 mila volontari. Rispetto al 1995, i dipendenti sono cresciuti del 77,0%, i volontari del 71,4%. In particolare dall’indagine Istat emerge:

· il forte radicamento delle organizzazioni di volontariato nelle regioni settentrionali, con solo il 20% radicato nel Mezzogiorno;

· la prevalenza relativa di piccole dimensioni organizzative, sia in termini di volontari attivi che di risorse economiche disponibili (77 mila euro di media);

· la maggiore presenza, tra i volontari, di persone in età compresa tra i 30 e i 54 anni, diplomate e occupate. Ciò è segno di un tendenziale invecchiamento del volontariato;

· la concentrazione relativa di unità nei settori della sanità e dell’assistenza sociale, anche se cresce nel tempo il numero di quelle che operano in settori meno “tradizionali” come protezione civile, istruzione e protezione dell’ambiente;

· la crescita del numero di organizzazioni che hanno utenti diretti e, conseguentemente, l’aumento di coloro che si rivolgono ad esse per soddisfare le loro esigenze.

Ma i dati dell’Istat guardano solo alle associazioni iscritte, perdendo nell’indagine molta parte della realtà del volontariato nel nostro paese. Secondo la FIVOL nel 2008 il numero delle organizzazioni è aumentato fino a 35.256 e il numero dei volontari ha raggiunto quota di un milione e 123 mila volontari con un impegno stimato di ore di volontariato di 3,2 milioni settimanali (pari a 80600 persone impiegate a tempo pieno). La regione che annovera più organizzazioni rispetto al numero di abitanti sono le Marche, la più bassa la Campania, mentre il 52% si colloca a nord ed il 28% al Sud dove si registra un sensibile aumento negli ultimi anni.

 

Cenni storici

Dalla fine del XIX secolo, con un’interruzione durante gli anni del fascismo, e fino agli anni '70 il volontariato era quello filantropico legato ad esperienze tradizionali ed assistenziali come quelle delle Misericordie, delle Pubbliche Assistenze e di altri gruppi più o meno conosciuti. Un volontariato prevalentemente legato all'esperienza delle parrocchie, del cattolicesimo sociale e delle tante strutture assistenziali del nostro paese.

Ma è solo dalla seconda metà degli anni Settanta, quando la militanza nei partiti mostrava i primi segni di crisi, che il volontariato iniziò ad acquisire un ruolo fondamentale nel processo di rinnovamento della partecipazione politica e sociale in Italia. L’impegno delle comunità di base e del cattolicesimo sociale, la scelta di chi politicamente cercava nuove forme di impegno diverse dalla militanza politica, la scelta di un universo giovanile che alla ricerca di forme meno ideologiche e più concrete di partecipazione costituivano i percorsi interni del variegato mondo del volontariato. Negli anni Settanta questo crebbe in modo rilevante: il numero di associazioni (di ogni tipo, anche pro-loco e associazioni di categoria) arrivò a 22mila. Di queste un terzo erano associazioni di volontariato (Marcon, G., 2004, Le utopie del ben fare, L’ancora del Mediterraneo).

Lo storico del movimento operaio Pino Ferraris individua nel novembre 1980 un punto di svolta tra la crisi di una certa militanza politica e sindacale e la straordinaria crescita di nuove forme dell’agire collettivo. Nell’autunno del 1980 il sindacato subiva una pesante sconfitta a termine di una lunga occupazione degli stabilimenti Fiat. Il 23 novembre il terremoto devastava l’Irpinia: oltre 2.700 morti e 8.000 feriti. Di fronte ai ritardi dello Stato ad inviare soccorsi, migliaia di volontari accorsero nelle zone colpite dalla catastrofe: “ una straordinaria solidarietà positiva di popolo estesa, ricca e nuova. Direbbe Marco Revelli, che ama le provocazioni storiche nette: declina il Militante novecentesco e nasce la figura del nuovo impegno “civile”: il Volontario”.

L’espansione del fenomeno dl volontariato porta ad un successivo elemento di discontinuità rappresentato dall’approvazione nel 1991 della legge quadro. Con la legge il volontariato viene inquadrato all’interno di criteri rigidi, in particolare vengono definiti i rapporti tra il mondo del volontariato e le istituzioni portando ad una formalizzazione delle attività. Il volontariato che si va definendo negli anni Novanta e che arriva fino ad oggi non è più quello filantropico e neppure quello politico e critico. È invece un settore caratterizzato da maggiore professionalità e competenza, ma forse meno vivace dal punto di vista sociale, culturale e politico. Naturalmente la realtà è ben più complessa e sfaccettata, e tra le migliaia di organizzazioni, iscritte e non iscritte agli albi la diversità è forse la caratteristica principale. Soprattutto si registra una crescita costante fino ad oggi tanto del numero di organizzazioni come del numero di volontari, dimostrando il valore sociale crescente che il volontariato continua ad acquisire in Italia.

 

Il terzo settore e il welfare state

La realtà del volontariato è fatta in massima parte di quel volontariato sociale impegnato sull’”emergenza del quotidiano”, della marginalità sociale, del disagio: dall’assistenza ai disabili a quella domiciliare agli anziani, dal lavoro di strada con le prostitute all’accoglienza degli immigrati, dal lavoro nelle comunità per i tossicodipendenti a quello nelle periferie degradate delle metropoli, dall’educazione dei minori in difficoltà al lavoro con i malati di mente. La necessità di tali attività da un lato mostra l’esistenza di forti elementi di solidarietà dentro le comunità, dall’altro denuncia lacune politiche e l’incapacità dello stato di farsi carico dei bisogni dei cittadini. Il volontariato assume quindi un rapporto complesso con il sistema pubblico di welfare per cui da un lato può avere un ruolo vicario o di stampella del Pubblico, dall’altro rappresenta un’azione positiva nella costruzione di un diverso rapporto tra Stato e società. Nasce così l’idea di un settore della società che andasse oltre lo statalismo burocratico e l’atomizzazione del mercato. Quello che oggi chiamiamo terzo settore (la terza dimensione di Ardigò, il terzo sistema di Ruffolo, il privato sociale, il non profit di derivazione anglosassone o l’economia sociale francese) cresce attorno ai principi del volontariato: la gratuità, il dono, la dimensione etica.

Lo stessso Presidente della Repubblica Napolitano in occasione della V conferenza nazionale del volontariato ha ricordato come: "Il volontariato non può certo sostituire il servizio pubblico né diventare una vera e propria attività lavorativa. Può anticipare la risposta ai bisogni emergenti che le istituzioni non percepiscono ancora o non sono ancora attrezzate per affrontare, integrando la qualità del servizio, contribuendo ad affermare la coesione sociale contro ogni fenomeno di disgregazione e di emarginazione”.

Esiste infatti una complementaritá di fondo tra le attivitá di volontariato (e del terzo settore in genere) e l’azione del Pubblico. Da un lato il volontariato va incontro ad alcune debolezze strutturali (Powell, W., 1987, “The nonprofit sector”, Yale University Press) per le quali si auspica a volte l’urgenza dell’intervento pubblico, tra cui la capacitá limitata di raccogliere risorse sostanziose, il rischio di cadere nel particolarismo, cioé la tendenza a concentrarsi solo su particolari sottogruppi della popolazione, e nel paternalismo, ove l’aiuto sia conseguenza di un approccio caritatevole anzichè della soddisfazione di un diritto. Infine viene spesso messa in evidenza la natura amatoriale (non professionale) delle attivitá di volontariato. Tali criticitá possono peró rappresentare allo stesso tempo punti di forza rispetto all’azione del pubblico. Le organizzazioni di volontariato sono infatti in grado di operare ad una scala ridotta rispetto alle imponenti burocrazie pubbliche e di personalizzare l’offerta di servizi e di meglio adattare le proprie azioni al contessto di riferimento.

In questo senso il volontariato è attore di sussidiarietà in quanto interviene direttamente e autonomamente sui bisogni e i problemi della comunità. Assume altresì una funzione di ponte tra cittadini e istituzioni, nella misura in cui promuove la solidarietà, la partecipazione responsabile, l'empowerment dei cittadini, permettendo alla società di stare assieme e di affrontare i suoi problemi.

Il volontariato si distanzia invece dal principio e dalla pratica della sussidiarietà quando:

· si istituzionalizza, si fa pubblico invece che rivestire una funzione pubblica, e quindi accetta una delega di gestione perdendo di vista le sue vere prerogative;

· opera in modo isolato, frammentato, perseguendo interessi solo categoriali e perdendo di vista una visione più generale e complessiva del diritto, della salute, del benessere e della qualità della vita dei cittadini;

· si sovrappone ad altre realtà di terzo settore, facendo quello che altre forze potrebbero fare meglio, invece di svolgere una funzione di stimolo, di integrazione operativa e di critica propositiva (tutela degli utenti) nei confronti di tali organizzazioni che gestiscono servizi.

Rimane ad ogni modo sempre aperta la questione della subalternitá delle organizzazioni di volontariato, e del terzo settore in genere, nei confronti del settore pubblico quale principale finanziatore.

 

Volontariato di protezione civile

Il volontariato di Protezione civile è nato sotto la spinta delle grandi emergenze verificatesi in Italia a partire dall'alluvione di Firenze del 1966 fino ai terremoti del Friuli e dell'Irpinia. In occasione di questi eventi si verificò, per la prima volta nel dopo guerra, una grande mobilitazione spontanea di cittadini di ogni età e condizione, affluiti a migliaia da ogni parte del paese nelle zone disastrate per mettersi a disposizione e "dare una mano". Le organizzazioni di volontariato che intendono collaborare nel sistema pubblico di Protezione civile, si iscrivono in appositi albi o registri, regionali e nazionali. Al momento, nell'elenco nazionale del Dipartimento della Protezione civile sono iscritte circa duemila cinquecento, per un totale di oltre un milione e trecentomila volontari disponibili.

All'interno delle organizzazioni di volontariato esistono tutte le professionalità della società moderna, insieme a tutti i mestieri; questo mix costituisce una risorsa, sia in termini numerici che qualitativi, fondamentale soprattutto nelle grandi emergenze, quando il successo degli interventi dipende dal contributo di molte diverse specializzazioni (dai medici agli ingegneri, dagli infermieri agli elettricisti, dai cuochi a i falegnami). Alcune organizzazioni hanno scelto la strada di una specifica alta specializzazione, quali i gruppi di cinofili e subacquei, i gruppi di radioamatori, gli speleologi, il volontariato per l'antincendio boschivo. Sebbene l'opera del volontariato sia gratuita, i volontari lavoratori vengono tutelati: in caso di impiego nelle attività di Protezione civile essi non perdono la giornata, che viene rimborsata dallo Stato al datore di lavoro, pubblico e privato.

 

Il Servizio Civile Nazionale

Il servizio civile nazionale rappresenta la possibilità per i giovani dai 18 ai 28 anni di dedicare un anno della propria vita a favore di un impegno solidaristico inteso come impegno per il bene di tutti e di ciascuno e quindi come valore della ricerca di pace. La storia del Servizio Civile Nazionale (SCN) affonda le sue radici nella storia dell'obiezione di coscienza. Nel 1972 - sotto la spinta delle azioni di protesta condotte dalle organizzazioni non violente, del crescente interesse dei cittadini nei confronti dell'obiezione di coscienza e del gran numero di giovani disposti ad affrontare il carcere pur di non prestare un servizio armato - il governo approvò la legge n. 772 "Norme in materia di obiezione di coscienza", che sanciva il diritto all'obiezione per motivi morali, religiosi e filosofici ed istituiva il servizio civile sostitutivo del servizio militare e, pertanto, obbligatorio.

A seguito dell’abolizione della leva obbligatoria, nel marzo 2001 il Parlamento approva la legge n° 64, che istituisce il Servizio Civile Nazionale; un Servizio volontario aperto anche alle donne, concepito come opportunità unica messa a disposizione dei giovani dai 18 ai 26 anni, che intendono effettuare un percorso di formazione sociale, civica, culturale e professionale attraverso l'esperienza umana di solidarietà sociale, attività di cooperazione nazionale ed internazionale, di salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale. Dal 2001 il numero di ragazzi e ragazze che decidono di partecipare alle attivitá del SCN è cresciuto da 181 ad oltre 45mila.

 

Volontariato internazionale

Una parte rilevante del mondo del volontariato è rappresentato dal cosiddetto volontariato internazionale. L’attività di centinaia di organizzazioni non governative (Ong) nei paesi in via di sviluppo è fondata sull’attività di volontari che mettono a disposizione il loro tempo e le loro competenze per promuovere e realizzare progetti di cooperazione allo sviluppo in tutto il mondo. Benché le Ong più strutturate, e in particolare quelle poche con l’”idoneità” presso il Ministero degli Esteri, tendano ad una sempre maggiore professionalizzazione dei propri espatriati, la gran parte della cooperazione allo sviluppo e della solidarietà internazionale si muove ancora grazie al contributo di migliaia di volontari. Infatti, secondo il dati del censimento del non profit dell’Istat sono oltre 1400 le organizzazioni in Italia che hanno come attività principale la cooperazione internazionale.

Inoltre, reti di organizzazioni in tutto il mondo si coordinano per permettere ai volontari esperienze internazionali al fine di promuovere l’intercultura e la conoscenza reciproca.

campi di lavoro sono dei progetti di volontariato di durata variabile, normalmente 2 o 3 settimane, rivolti ai giovani, incentrati non solamente sulla solidarietà, ma anche sulla comunicazione e integrazione tra i volontari e la comunità ospitante. Nel mondo esistono centinaia di organizzazioni di volontariato collegate fra di loro che organizzano o promuovono annualmente migliaia di campi di lavoro. La rete di coordinamento tra le tante organizzazioni europee che inviano e accolgono volontari è la Alliance.

Servizio Volontario Europeo e Volontariato a Medio e Lungo Termine. Dedicato ai giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, il Servizio Volontario Europeo (SVE) è un'esperienza di volontariato che va dai sei mesi ad un anno in un paese. Per partire non sono richieste competenze specifiche, bastano un po' di spirito d'adattamento, e una forte motivazione. Un'altra possibilità di svolgere volontariato internazionale è offerta dai progetti di volontariato a medio e lungo termine (M-LTV). Si tratta di progetti internazionali che possono collocarsi in qualunque area del pianeta, a cui possono accedere i giovani che abbiano almeno 21 anni, possibilmente con precedenti esperienze di volontariato sociale o internazionale. Questo tipo di esperienze ha una durata variabile (1-4 mesi per il medio termine e 4-12 mesi per il lungo termine) che permette a chi vi partecipa di conoscere a fondo il paese ospitante, la sua società civile, la sua cultura.

Il volontariato senior. Le persone che vanno in pensione in anticipo e quelle che lo fanno in buona salute in età pensionabile sono, naturalmente, potenziali volontari. In Europa essi sono, e sono stati, la struttura portante delle organizzazioni civiche tradizionali, portando avanti le attività di chiese, gruppi di volontariato, di raccolte benefiche ecc. Avere una vita socialmente attiva negli anni liberi dal lavoro richiede che il concetto di formazione permanente si estenda anche al periodo della pensione. Sembra assodato che insegnare ai giovani i valori interculturali sia importante; anche i cittadini senior (oltre i 55 anni) possano trarre beneficio da tale approccio valoriale. In primo luogo perché gli adulti sono coloro che gestiscono le nostra società e diffondono i valori alle nuove generazioni, poi perché questi possono contribuire, con le loro esperienze di vita, ad un processo formativo cui non può compararsi nessun altro strumento didattico classico. A livello europeo è nata la rete SEVEN (Senior European Volunteers Exchange Network) coordinata in Italia da Lunaria.

 

I Centri di Servizio per il Volontariato

L'art. 15 della legge 266/91 sul volontariato prevede la costituzione dei Centri di Servizio per il Volontariato (CSV), garantendo il loro finanziamento grazie alle fondazioni bancarie, che devono devolvere su base regionale almeno 1/15 dei loro proventi. "I Centri di Servizio hanno lo scopo di sostenere e qualificare l’attività di volontariato. A tal fine erogano le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore delle organizzazioni di volontariato iscritte e non iscritte nei registri regionali. In particolare, fra l’altro:

a) approntano strumenti e iniziative per la crescita della cultura della solidarietà, la promozione di nuove iniziative di volontariato e il rafforzamento di quelle esistenti;

b) offrono consulenza e assistenza qualificata nonché strumenti per la progettazione, l’avvio e la realizzazione di specifiche attività;

c) assumono iniziative di formazione e qualificazione nei confronti degli aderenti ad organizzazioni di volontariato;

d) offrono informazioni, notizie, documentazione e dati sulle attività di volontariato locale e nazionale."[1]

Attualmente esistono 77 Centri di Servizio per il Volontariato, distribuiti in tutte le regioni di Italia. CSVnet è il Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato, a cui aderiscono 73 dei 77 CSV.

 

(Scheda realizzata con il contributo di Tommaso Rondinella)

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[1] Decreto ministeriale dell'8 ottobre 1997 (art. 4).